Info: Chi siamo | Come acquistareFAQ | Librerie fiduciarie | Contatti | Per i librai

 Dove sono: MeteoShop > Meteorologia > Fenomeni estremi > Uragano

 


Ingrandisci

URAGANO
De Villiers M.
Apogeo , 2007
352 pagine, bianco/nero, no illustrazioni,
cop. in brossura, dim. 13.5 x 21 cm .
€15 
Sconto di € 1.5 per i soci SMI 


| Descrizione | Autori | Indice | Un estratto

Livello: Principianti | Voto:
Giudizio Recensione

 
Disponibile entro 2-3 giorni lavorativi + spedizione
Per acquistare:
Metti nel carrello  | Vedi il carrello

UN ESTRATTO

CAPITOLO 1
Il vento: mistero e significato 1
Storia dell'Uragano Ivan: Cominciò, come spesso succede, molto tempo fa e molto, molto lontano. Molto tempo, almeno, nella prospettiva del meteorologo, e molto lontano rispetto ai Caraibi e alla costa orientale del Nord America, dove più tardi avrebbe scatenato tutta la sua furia. Considerando il corso della sua vita tumultuosa e distruttiva, il ciclone che fu chiamato Ivan è un buon esempio di tutte le rischiose incertezze e degli schemi complessi della climatologia globale (nonché un ulteriore spunto alla mia visione decisamente paranoica del maltempo), ma i suoi inizi furono poco appariscenti, e si poterono valutare interamente, purtroppo, solo con il senno di poi.
Nella primavera del 2004 piovve nel Darfur, un posto d'inferno nel Sudan, devastato da decenni di guerra civile. Il Darfur si trova sul margine sud-orientale di quel nulla senza fine che è il Sahara, e il suo terreno, calpestato da troppi bovini e capre nel corso di troppi anni di siccità, non riuscì ad assorbire l'acqua. Si formarono pozzanghere che divennero piccoli torrenti fangosi, che spazzarono via le capanne sparse nella campagna. Pochi giorni prima, i rifugiati nei loro squallidi campi stavano morendo di sete (l'acqua contenuta in un guscio d'uovo di struzzo doveva bastare a una famiglia per un intero giorno) ma ora dovevano lottare per impedire alle loro misere scorte di cibo e agli altri pochi averi in loro possesso di essere trascinati via. Erano ancora alla fame, ma adesso, oltre alle altre miserie, erano bagnati fradici ed esposti a colera e dissenteria.

Le piogge colpirono tutto il Sahel, il margine meridionale del Sahara. Il lago Ciad, che si stava da decenni restringendo, cessò momentaneamente di ridursi, e i canali degli ippopotami ancora in funzione, serpeggianti fra papiri e giacinti d'acqua, si riempirono. Le piane polverose a nord della città commerciale nigeriana di Kano per la prima volta da quindici anni presero un aspetto lussureggiante. Fuori della mitica Tombouctou il terreno assunse una splendida brillantezza verde, prima che le capre con la loro fame insaziabile recidessero le nuove piante alla radice e schiacciassero quest'ultima nella fanghiglia. Nel Niger, nel Mali, persino nell'eternamente arida Mauritania, le piogge scesero per la prima volta in dieci anni. In realtà, non abbastanza da rendere meno arido il deserto, ma più del solito.
Nessuno nel Sahel sapeva perché stesse piovendo, né, peraltro, a parte poche organizzazioni umanitarie, se lo chiedeva; c'era solo gratitudine per l'acqua che era arrivata. Nel resto del mondo, praticamente nessuno ci fece molto caso. Ci furono alcune eccezioni: gli statistici eternamente paranoici del gigante assicurativo Munich Re, pagati per preoccuparsi, e pochi analisti giù nel bunker di cemento del Centro Nazionale Uragani a Miami, che combattevano con i complessi cicli responsabili del maltempo violento; ma molte più persone avrebbero dovuto preoccuparsi, perché stavano per ricevere una brutale lezione sull'interconnessione dei sistemi naturali. Chi avrebbe pensato che, diciamo, una taverna di campagna in Pennsylvania sarebbe stata minacciata da allagamenti portati da una tempesta, collegata per vie traverse alla fine di una siccità lontana mezzo mondo? Ma era così: i germogli verdi che spuntavano fra la sabbia negli uadi presso Tombouctou erano forieri di pessime notizie per gli ignari cittadini di Florida, Alabama e della costa sul Golfo interno al Mississipi, e di notizie cattive, anche se non così drammatiche, per gli abitanti della fascia costiera orientale su fino alla Nuova Scozia, dove io vivo. La lezione sarebbe arrivata per loro - e per noi - a suo tempo
.
Lo sforzo di capire il vento e le condizioni climatiche che esso produce è stato una costante della storia umana, perché il vento è bizzarro e può portare benedizioni, ma anche tempi duri. Il vento può essere dolce e allettante, seducente; la carezza di una brezza gentile che passa sulla pelle è uno dei grandi piaceri dell'adattamento umano all'ambiente naturale. Qualche volta però il vento può essere mortale, quando s'intensifica con violenza, quasi per una sorta di cattiveria personale. Come una divinità umorale e bellicosa, il suo potere può apparire arbitrario, eccessivo, schiacciante, devastante quando sradica alberi, distrugge case, affonda navi, maltratta le persone, lascia il segno sulla loro psiche.
O almeno, può apparire malevolo, e la malevolenza può apparire personale.
In mare aperto, all'estremità meridionale dell'Africa vicino al Capo delle Tempeste (così era chiamato l'attuale Capo di Buona Speranza, prima che i primi dei primi esploratori emettessero una "rettifica"), la collisione tra due correnti oceani che manda verso l'alto massicce raffiche d'aria turbolenta. La corrente del Benguela, ancora gelida di ghiaccio antartico, e la corrente di Agulhas, ancora umida di calori tropicali, s'incrociano per l'appunto a sud-est di Città del Capo, e le tempeste che esse causano si avvolgono e s'intrecciano, producendo grandi masse nere temporalesche, facendo schiumare la superficie del mare con muggiti ululanti e aggredendo le terre vicine. Le burrasche spazzano la penisola del Capo e tornano a soffiare sul mare, da Table Bay al mare aperto, dove finalmente perdono la loro energia nelle acque gelide allargo della Namibia. Proprio in un giorno simile, negli ampi prati di Sea Point sulla Table Bay, i venti afferrarono un bambino indifeso e lo buttarono a terra sull'erba, senza una ragione, brutalmente, senza sforzo. Lui cercò di rimettersi in piedi e gridò chiedendo aiuto, ma la burrasca portò via il suo fiato verso il mare, così che nessuno potesse udirlo e il grido diventasse un urlo silenzioso. Poi una raffica lo buttò a terra di nuovo, lo prese e si mise a spingerlo verso l'orlo del prato vicino alla spiaggia, dove un sentiero in pietra costeggiava i frangiflutti; subito sotto, i marosi provenienti dal largo battevano sulle rocce, scivolose per le alghe e aguzze come aghi a causa dei cirripedi. Nella morsa della bufera, il bambino scivolò ancora sull'erba finché andò a sbattere contro la ringhiera metallica che era l'unica cosa a trattenerlo dall'essere lanciato in mare ... Fu allora che arrivò mia madre, e mi portò via, e cercò di calmare il mio terrore sul suo cuore in tumulto.

 

 

 

Acquistando i prodotti del MeteoShop contribuirai allo sviluppo della meteorologia italiana,
sosterrai la pubblicazione della rivista
Nimbus e le iniziative della Società Meteorologica Italiana.

Meteoshop è un marchio ed un servizio gestito dalla Società Meteorologica Subalpina, socio fondatore  della Società Meteorologica Italiana Onlus. SMS è iscritta alla CCIAA di Torino - REA n°876410 ed è autorizzata al commercio elettronico e a mezzo posta dal Comune di Torino, autorizzazione  n° 2205159 del 26.04.2001

Società Meteorologica Subalpina, via Real Collegio 30, 10024 Moncalieri TO - tel 3470804444, 3351447169,  meteoshop@nimbus.it - © 2015, tutti i diritti riservati