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Tratto dal quotidiano La Repubblica  di Domenica 2 Luglio 2000

Il paese delle previsioni mancate 


Errori e lacune, ma i satelliti ci aiutano a crescere

di PIERO OTTONE

ROMA - Che tempo farà domani? Come sarà il week-end? Che tipo di estate possiamo aspettarci quest'anno? Prendevamo in giro gli inglesi perché parlano sempre del tempo; ora ne parliamo anche noi, pensando alle vacanze, alle gite domenicali, agli sci, alla barca. Le previsioni meteorologiche sono argomento di tutti i giorni, e coinvolgono interessi economici di vasta portata, in primo luogo quelli del turismo. Vanno prese sul serio. Ma fino a che punto possiamo fidarcene?
L'industria che vuol dirci che tempo farà ha assunto nel mondo dimensioni gigantesche, in pochi decenni. Non c'è niente di più globalizzato della meteorologia. Stazione di osservazione, manuali e automatiche, disseminate su tutta la superficie terrestre, registrano ogni tre ore, tutte alla stessa ora, la pressione atmosferica, il tasso di umidità, la nuvolosità, la direzione e la forza del vento, la visibilità, la temperatura; le stazioni costiere registrano anche (a vista, se non c'è una boa) lo stato del mare. Altre stazioni mandano palloni-sonda ad alta quota, per registrare le condizioni nell'atmosfera. I satelliti fotografano il tutto dall' alto.
I dati, milioni di dati, sono convogliati (per quel che ci riguarda) a un grande centro europeo collocato a Reading, nei pressi di Londra. Lì un gigantesco computer li elabora, facendo i soliti miliardi di calcoli in pochi secondi, e applica un modello matematico per formulare le previsioni che sono distribuite nei vari paesi, Italia compresa. Se credete nella matematica, il gioco è fatto.
Le previsioni di Reading devono però essere verificate e completate in ogni singolo paese, dalle singole organizzazioni nazionali; e mi sembra che anche in questo settore, come in tanti altri, l'Italia sia in ritardo. Mi sembra cioè che noi italiani non abbiamo ancora acquisito una mentalità meteorologica moderna; non ci siamo accorti che la meteorologia è in una società industriale un servizio importante, a base scientifica. E infatti: in altri paesi le università hanno una facoltà di meteorologia; da noi non c'è. In altri paesi c'è un servizio meteorologico nazionale; da noi non c'è neanche quello.
Da noi, il compito delle previsioni è affidato all'Aeronautica militare, e questa è una prima anomalia. Qualcuno avrà pensato: gli aviatori hanno bisogno di sapere, prima di alzarsi in volo, che tempo farà; già che ci sono possono dire quel che sanno a tutti noi. Ragionamento lacunoso si capisce: in primo luogo per una ragione di fondo, perché ciò che interessa un aviatore dal punto di vista meteorologico è diverso da quel che interessa noi. Il vento Forza Sette, per fare un esempio banale, è preoccupante per chi va in barca a vela; il pilota di un jet se ne infischia. Altre situazioni, altri problemi.
È ovvio che gli ufficiali dell' Aeronautica ai quali è affidato il servizio se ne rendono conto, sanno che le loro previsioni servono anche a chi va in barca, o a chi fa la gita domenicale ai Castelli Romani, o agli albergatori della riviera di Rimini, e intendono soddisfare le loro esigenze. Gli ufficiali del servizio meteorologico sono coscienziosi, amano il loro mestiere, lo esercitano col massimo impegno. A loro non si possono muovere critiche. Ma in quali condizioni operano? Tanto per cominciare, sono pochi: milleduecento persone in tutto, fra ufficiali e militari, contro tre o quattromila addetti nel servizio meteorologico (non militare) degli altri grandi paesi. Bisognerebbe aumentarne il numero; ma in questo periodo si pensa piuttosto a ridurre il numero dei militari, non ad aumentarlo, e poiché coloro che fanno le previsioni sono militari, si penserà piuttosto ad assottigliare il personale del servizio meteorologico che non ad aumentarlo: altra incongruenza dell'errore iniziale, quello di avere affidato all'Aeronautica un compito che solo in parte le compete. Vi sono altre difficoltà: le stazioni di osservazione, specie lungo le coste, non sono abbastanza numerose; sono scarsi gli apporti esterni. In altri paesi le navi, gli aeroplani civili sono attrezzati per fornire osservazioni ai centri meteorologici, e le forniscono regolarmente, da noi no: altro segno che la mentalità meteorologica, da noi, è poco diffusa.
Adesso c'è qualche novità; ma è presto per dire se sia il caso di rallegrarsene, o di preoccuparsi. Una legge dell'inizio del 1998 (e già la data, lontana nel tempo, non induce all'ottimismo) prevede "un servizio meteorologico nazionale distribuito"; il che significa, se capisco correttamente la curiosa dizione, un insieme di servizi di previsione creati dalle singole regioni, attraverso l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente; Anpa per brevità. Così riaffiora la nostra antica tendenza ad affrontare i problemi a pezzi e bocconi, creando doppioni, seminando confusione. Previsioni meteorologiche dell'Aeronautica, previsioni meteorologiche regionali, più o meno efficienti secondo la prosperità e la sagacia delle singole regioni. Perché non creare subito un bel servizio nazionale unificato?
Con tutto ciò, nonostante gli errori di impostazione, nonostante l'insufficienza dei mezzi, le previsioni sulla terraferma sono abbastanza attendibili; un po' grazie a Reading, un po' grazie alla nostra buona volontà. Una statistica riguardante vari mesi dello scorso anno indica una conferma delle previsioni sulle 24 o 48 ore fra il 60 e il 70 per cento; oggi il servizio parla addirittura, per quelle a breve termine, di un 90 per cento. Sulla terraferma, ho detto: in mare è diverso, perché in mare la scarsità dei posti di osservazione e dei contatti con le navi si fa sentire. Sul mare si è più esigenti: chi va in gita si accontenta di sapere se pioverà, chi naviga ha qualche curiosità supplementare, una burrasca può essere per lui molto fastidiosa. I modelli matematici, troppo spesso, ignorano se davvero sul Mar Ligure, in un dato momento, soffia il libeccio a trenta nodi o regna la bonaccia; dicono spesso che infuria la burrasca quando c'è bonaccia, o viceversa.
E che dire delle previsioni a lungo termine? Quelle stagionali? Qui i meteorologi si ritirano: dicono che questa è materia per la climatologia. Che è incerta. Sicché è meglio diffidare, quando si sente dire che la prossima estate sarà particolarmente torrida. Forse sì, forse no: i calcoli di probabilità sono vaghi. A meno che non si presti fede ai contadini e ai pescatori, se si ha ancora la fortuna di incontrarne qualcuno. Sono privi di laurea in fisica e matematica, a differenza degli ufficiali dell'Aeronautica addetti alla meteorologia; ma hanno le loro opinioni, e sono pur sempre degni di rispetto.


 

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